Woodstock Mantova
Il Festival della musica di Mantova è alla sua seconda
edizione. Non è più una sfida a Sanremo, ma una rassegna,
alternativa alla tv. Quest'anno celebra anche la costituzione
L’anno scorso aveva siglato il suo atto di
nascita sfidando Sanremo. Davide contro Golia. E tutto sommato è
andata bene, considerando i limiti con cui è costretta a
fare i conti ogni manifestanzione nata sotto il segno di una logica
antagonista. Quest'anno il Mantova Musica Festival non mira a stare
contro. Ma punta ad affermare qualcosa. Meglio: a "confermare"
l'esistenza, quanto mai necessaria, di uno spazio per la musica
italiana diverso dal vetusto festivalone. Come d'altro canto volevano
i promotori, Nando dalla Chiesa, Lidia Ravera e Fulvio Scaparro
fin dal principio. Perciò il Mantova Musica Festival si sposta:
quest'anno andrà in scena dal 1 al 5 giugno, legandosi in
modo del tutto naturale alla data del 2 giugno, festa della Repubblica.
«Costruire attorno a quel giorno il festival», spiega
dalla Chiesa significa dare all'arte il valore di strumento di libertà
e pace sottolineando l'importanza della Costituzione, oggi esposta
a rischi d'ogni tipo, direi delegittimata». Ciò detto,
la manifestazione mantiene le sue caratteristiche: non un festival
della canzone, ma, spiega Franco Fabbri «una festa della musica
e della cultura musicale». Da quest'anno il musicologo (ex
Stormy Six) che ha tra l'altro appena pubblicato "L'Ascolto
tabù" (Il Saggiatore), una raccolta di interessanti
riflessioni sula musica popolare, è il direttore artistico
della manifestazione assieme a Titti Santini e Vittorio Cosma. «L'idea
è quella di offrire un'occasione per fare incontrare pubblico
e musiche diverse superando le rigidità a cui si sono consegnati
altri festivai », dice Fabbri. Chiarificatore a riguardo il
bando di concorso. Questa seconda edizione prevede sette fiIoni:
canzone, rock, etnica, sperimentale (elettronica), jazz, colta (ensemble
strumentali), libertà, in modo da garantire la presenza di
una significativa varietà di stili. ll bando si può
trovare su www.mantovamusicafestival. it, la scadenza è il
31 marzo. Il fatto che il festival si svolga a giugno (lo scorso
anno ci si era messa pure la neve) consentirà di usare al
meglio le risorse di Mantova,sfruttando le piazze e i palazzi storici
già utilizzati con successo dal Festivaletteratura. In particolare:
un palco a palazzo Te, per gli eventi clou di ogni serata; mentre
il cortile del castello di San Giorgio ospiterà in successione
gli artisti selezionati con il bando. Ognuno avrà a disposizione
venti minuti per presentare al pubblico un ventaglio significativo
di brani. Solo da questo particolare, la differenza dagli schemi
sanremaschi appare evidente. Ma ci saranno anche altri spazi: un
teatro, lo splendido Bibiena, verrà utilizzato per la musica
jazz, folk e colta. E ci sarà perfino un angolo denominato
Hyde Park (ammessi qui anche pezzi cantati in inglese) per consentire
anche ai non selezionati di far sentire la propria voce. Previsti
inoltre incontri monografici con artisti di chiara fama e molto
altro ancora: dibattiti, presentazioni di libri, cabaret. «È
importante dimostrare che in Italia c'è un mondo musicale
pieno di talenti e di vitalità che esiste indipendentemente
dal fatto che il Moloch televisivo se ne occupi o no», afferma
Lidia Ravera. Sono anni ormai che i dischi non si vendono, in compenso
i concerti sono sempre pieni, la musica "live" tira. Appunto:
«Il Mantova festiva non è una manifestazione televisiva»,
sottolinea Fabbri: «Ci interessa la musica dal vivo e promuovere
la circolazione dei gruppi italiani all'estero. Per questo fra i
nostri ospiti non ci saranno discografici, ma impresari e direttori
di festival. Pensiamo a una sorta di mostra mercato, di offrire
degli stand a operatori sia italiani che stranieri, proporre un
punto di incontro tra un'offerta di musica italiana e una domanda
che è già consistente, del circuito europeo».
Superata la fase eroica, il Mantova Festival si avvia quindi a sperimentare
la seconda, con una logica meno ideologizzata e più pragmatica.
Il merito, si scopre, va anche a uno studio condotto lo scorso anno
dall'Università Bocconi e utilizzato per mettere a punto
la nuova fisionomia della manifestazione. "Ci siamo chiesti
quali modifiche fossero necessarie per consentire al festival il
passaggio dal prototipo al multiplo? », spiega il professor
Saverio Salvemini che ha coordinato la ricerca. Il risultato: no
all'eccessiva politicizzazione, sì invece a una maggiore
professionalità. Cosa dobbiamo aspettarci? Quest'anno il
festival sarà meno eroico, ma forse più bello e meglio
organizzato.
Alberto Dentice (L'Espresso, 31 marzo 2005)
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